Roma – Un ritorno alle origini, ma con strumenti aggiornati. È questa la filosofia che anima il disegno di legge delega per la riforma dell’ordinamento forense, approvato il 4 settembre dal Consiglio dei ministri e destinato a sostituire la legge professionale 247/2012. Al centro, due nodi cruciali: il tirocinio obbligatorio e il nuovo modello di esame di Stato.
Il tirocinio: 18 mesi tra pratica e formazione
Il testo conferma la durata di 18 mesi continuativi, da svolgere principalmente presso lo studio di un avvocato, l’Avvocatura dello Stato o l’ufficio legale di un ente pubblico. L’esperienza dovrà garantire l’apprendimento delle competenze tecniche necessarie a esercitare la professione e a gestire uno studio, senza trascurare i principi etici e le regole deontologiche.
Accanto alla pratica, diventa obbligatoria la frequenza a corsi di formazione professionale della durata di 18 mesi, organizzati da scuole forensi accreditate, ordini professionali o università. Previsti anche periodi all’estero, fino a sei mesi, presso studi legali di Paesi Ue, o in parte durante l’ultimo anno di università. Vengono invece esclusi percorsi alternativi come gli stage in tribunale, oggi in parte riconosciuti come equivalenti.
«Chi vuole fare l’avvocato deve formarsi nello studio di un legale», osserva Francesco Napoli, vicepresidente del Consiglio nazionale forense. «La riforma intende restituire autorevolezza alla professione, assicurando una preparazione più solida ai giovani».
L’esame di Stato: due scritti e un orale
Sul fronte dell’esame, la riforma introduce un modello a due prove scritte e una orale. Gli scritti consisteranno in un parere motivato e in un atto giudiziario, entrambi in una materia scelta dal candidato tra diritto privato, penale e amministrativo. Si svolgeranno in presenza, con modalità di videoscrittura e l’uso di codici annotati con la giurisprudenza.
La prova orale si articolerà in tre momenti: illustrazione delle prove scritte, discussione di un caso pratico e colloquio su procedura civile e penale, diritto civile e penale, ordinamento e deontologia forense, più due materie a scelta del candidato tra diritto amministrativo, commerciale, costituzionale, del lavoro, tributario, ecclesiastico ed europeo.
Una riforma attesa da anni
Dal 2012 ad oggi, il percorso di accesso alla professione è stato oggetto di continue proroghe e modifiche. Il vecchio modello a tre scritti e un orale non è mai entrato a regime: la pandemia ha introdotto prove orali straordinarie, poi sostituite da formule ibride prorogate fino al 2024.
Anche i numeri riflettono il cambiamento: dai 22.750 candidati del 2020 si è scesi ai 10.316 del 2024, con tassi di successo oscillanti tra il 46 e il 52%. Ora, con la delega, si punta a un assetto definitivo che riduca incertezze e valorizzi le competenze pratiche.
Tempi e prospettive
Il provvedimento dovrà ora affrontare l’iter parlamentare e sarà seguito dall’emanazione dei decreti legislativi, previsti entro sei mesi dall’entrata in vigore della legge. Se il cronoprogramma sarà rispettato, le nuove regole potrebbero entrare in vigore già per le prossime sessioni d’esame.
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